PACINOTTIANA

 

Antonio Pacinotti


Antonio Pacinotti nasce a Pisa il 17 giugno 1841. Nel 1856 si iscrive all'Università di Pisa, dove si laurea in Matematiche applicate il 1° luglio 1861. Nel 1859 partecipa come volontario del Genio Toscano alla alla seconda guerra d'Indipendenza. Nell'aprile del 1860 realizza, con l'aiuto del meccanico Giuseppe Poggiali, che lavora presso il Gabinetto di Fisica Tecnologica dell'Università di Pisa, un piccolo modello della macchina dinamo-elettrica nota come anello di Pacinotti o dinamo, la cui descrizione sarà pubblicata su Il Nuovo Cimento nel fascicolo di giugno del 1865. Dopo una breve permanenza presso il Gabinetto di Fisica Tecnologica diretto dal padre, dal 9 maggio 1862 è nominato aiuto del professore di Astronomia Giovan Battista Donati, presso l'Osservatorio di Firenze, restandovi fino al 4 dicembre 1864, quando riceve l'incarico di professore di Fisica e Chimica presso il Reale Istituto Tecnico di Bologna. Dal luglio al dicembre del 1865 è distaccato presso l'Ufficio Centrale Meteorologico del Ministero della Marina, diretto dal prof. Sen. Carlo Matteucci, con l'incarico di compiere una missione esplorativa in Francia, Belgio e Inghilterra, allo scopo di documentarsi sull'organizzazione dei servizi meteorologici di tali paesi. Rientra quindi al suo posto di insegnamento a Bologna ove resta fino al 1873, quando vince la cattedra di Fisica Sperimentale presso l'Università di Cagliari. Dal 1 gennaio 1882 rientra a Pisa in qualità di titolare della cattedra di Fisica Tecnologica lasciata libera dal padre Luigi. Nell'aprile del medesimo anno sposa la giovane cagliaritana Maria Grazia Sequi, che lo segue a Pisa, ove muore l'anno seguente, assieme alla creatura che porta in grembo. Dal 1889 assume anche l'incarico dell'insegnamento di Architettura ed Idraulica Agraria sempre presso l'Università di Pisa. Nel 1892 sposa in seconde nozze Carolina Angelini, da cui ha due figli: Giovanni ed Antonietta. Nel dicembre del 1905 è nominato Senatore del Regno. Muore a Pisa il 25 marzo del 1912.


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Antonio Pacinotti e il secolo dell'elettricità

Regia: Stefano Nannipieri
Produzione: La Limonaia (Italia, 2005)
Realizzazione: Alfea cinematografica

Nel 1860 quando Pacinotti iniziò la costruzione del primo modellino di quella che lui chiamò "macchinetta", il cinema non esisteva ancora, neanche l'Italia e tanto meno si parlava di postproduzione. Nella geografia e nell'economia dell'epoca, tutto si basava sull'oralità e sulla carta.  Innumerevoli sono le lettere, i disegni, gli inventari, gli articoli che tratteggiano attività, corrispondenze, dubbi, necessità, programmi, esperimenti e aspetti del vissuto di Antonio Pacinotti: valeva la pena farle rivivere in chiave contemporanea con tanto di sceneggiatura e riprese. Ripercorrendone i contenuti però è apparso naturale spingersi oltre: Antonio Pacinotti non solo è una delle figure più illustri nel panorama scientifico della fisica e della tecnologia, è anche simbolo di una realtà contraddittoria e riflesso del clima culturale che si respirava in questo importantissimo -  per i risvolti scientifici, industriali economici e sociali - mezzo secolo, rappresentato dalla seconda metà dell'800.
E' nata così un'indagine sugli sviluppi e le ricadute legate alla scoperta dell'induzione elettromagnetica, che ha preso spunto dal sapere scientifico ed ha attinto però anche dalla storia e dall'economia in cui era inserito il Gabinetto di Fisica dell'Università degli Studi di Pisa.
E poi la scelta di ricorrere ai racconti, alle testimonianze preziosissime di appassionati dell'argomento, studiosi e familiari, che hanno contribuito ha caratterizzare biografia e percorso storico nello spazio-tempo del vissuto, dello studio e del ricordo.
Antonio Pacinotti e il secolo dell'elettricità è quindi un documentario che vive di relazioni. Passato e presente, oralità e scrittura, documenti e racconti, aspetti personali e sguardi allargati ripercorrono 1 vita e una parte di storia nel tentativo di renderle con riflessione ed obiettività e nella consapevolezza che la distanza storica se da una parte può aiutare nella lucidità è anche freno all'oggettività.


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Il patrimomio documentario pacinottiano presso la Fondazione Galilei di Pisa 

L'Archivio di Luigi e Antonio Pacinotti per la sua conservazione e gestione è stato affidato alla Fondazione Galileo Galilei, nei cui locali è stato trasferito il 25 luglio 2005.

Dai documenti d'archivio emerge tutta la versatilità di Pacinotti, la varietà dei suoi interessi: tra le carte infatti è possibile trovare disegni (schizzi o progetti accurati), lezioni o appunti per lezioni date all’Università, appunti per discorsi sia di Antonio sia del padre Luigi, numerosissimi appunti su esperimenti sui più svariati argomenti; note di studenti che frequentavano le lezioni di Pacinotti, registri di esperimenti, varia corrispondenza familiare (in particolar modo tra Luigi e Antonio) ma anche con personaggi illustri d’Italia e di Europa, e ancora considerazioni sulla realizzazione di alcune macchine, richieste di brevetti, carte riguardanti le esposizioni di Vienna, Parigi, Torino; e attestati, inventari, quaderni; e gli appunti più svariati; pensieri sulla fede; ma anche scene di commediole, ricettari.

Benché si stia procedendo ad un lavoro di ri-ordinamento archivistico più particolareggiato e puntuale, è stato doveroso e necessario rispettare l'ordine in cui le carte d'archivio sono giunte fino a noi che, in questo caso, è l'ordine dato da Polvani, individuato da cinque sezioni: 
Sezione I - Manoscritti vari;
Sezione II - Libretti di appunti di A. Pacinotti;
Sezione III - Appunti scolastici di A. Pacinotti;
Sezione IV - Varia;
Sezione V - Inventari.
Fu grazie alla ricognizione effettuata da Giovanni Polvani che venne alla luce il patrimonio storico-scientifico di cui faceva parte quello che oggi costituisce il Fondo Pacinotti.
Le vicende che portarono alla sua acquisizione furono piuttosto lunghe e strettamente legate alla vicenda dell’occupazione dei locali demaniali da parte della famiglia Pacinotti: la Fondazione Galileo Galilei conserva in copia tutta la documentazione su quella vicenda, grazie all'impegno del professor Roberto Vergara Caffarelli che nel 1991 pubblicò un saggio in cui ripercorreva puntualmente tutta quanta la vicenda, grazie ad una accurata ricerca effettuata sui documenti d'archivio; la documentazione non è tuttavia completa.
http://www.fondazionegalileogalilei.it/fondo_pacinotti/archivio_pacinotti/archivio_p.html


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Commemorazione di Antonio Pacinotti in Senato  (Roma, 25 marzo 1912)

Atti Parlamentari - Commemorazione Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi. Uno dei nostri più illustri, il celebre fisico Antonio Pacinotti, si è spento improvvisamente la scorsa notte in Pisa. Il nostro duolo di tal perdita è profondo, quanto quello della scienza; quanto quello della patria, che nella scienza fu dall'estinto arricchita ed onorata. Prendiamo lutto con l'università e con la città di Pisa, che gli diede i natali il 17 giugno 1841; con l'Accademia dei Lincei e con le altre accademie scientifiche, di cui era membro; dirò insomma con l'Italia, alla cui gloria è vissuto. N'aveva lustro il Senato dal 3 dicembre 1905. Il nome di Antonio Pacinotti ha in sé l'elogio, che lo fa sopravvivere, non solo dove nacque e dove insegnò, ma nel mondo scientifico, negli annali delle invenzioni più utili all'umano progresso. Risuonano ancora le solenni onoranze rese nel 17 maggio 1911 dall'Università di Pisa all'inventore dell'anello della dinamo, ricorrendo il cinquantenario della celebre innovazione nell'applicazione dell'energia elettrica, foriera dei progressi dell'elettrotecnica. Il Senato vi partecipò, plaudendo in quest’Aula alla degna parola del senatore Blaserna; vi partecipò il Governo. [...] Delle molte opere pregevolissime del Pacinotti, delle importanti sue numerose memorie, e de' meriti di lui, è in tutti notizia insigne; il dirne nuovamente ed estesamente spetterà agli scienziati. Io mi fermo, inchinandomi reverente alla preclara immagine del trapassato, e mandando alla sua salma la venerazione del Senato. (Vivissime approvazioni). [...]  
BLASERNA. Domando di parlare. 
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 
BLASERNA. Nel 1864 il prof. Pacinotti, allora assistente all’Istituto superiore di Firenze, pubblicava la descrizione di un apparecchio da lui escogitato, che doveva servire meglio degli apparecchi allora esistenti per le dimostrazioni di scuola. Quest’istrumento si presentava in una forma molto modesta; ma più tardi si è visto che esso racchiudeva in sé tutti gli elementi, per risolvere i problemi più importanti che allora esistevano nell’elettrotecnica. Tutto ciò si seppe poco a poco, perché il prof. Pacinotti non aveva fatto nessun passo per far valere la sua invenzione. Il prof. Pacinotti era di una tale modestia, che non era possibile d’indurlo a far valere i suoi diritti, e dovettero incaricarsi di quest’affare parecchi altri suoi amici. Erano diritti di indole scientifica, perché a lui non sarebbe venuto mai in mente di volersene servire per un guadagno, cosa che pure avrebbe potuto fare. Quando si pensa a quale punto è arrivata oggi la elettrotecnica, e che tutti i principali problemi ad essa connessi erano risolti dal suo piccolo apparecchio. Che appunto dalla sua forma porta il nome di anello del Pacinotti, si rimane meravigliati nel constatare che altri abbiano dovuto parlare per lui, e abbiano fatto valere, specialmente a Parigi, i suoi diritti di precedenza su tutte le invenzioni che seguitarono. [...] Propongo che si inviino alla famiglia del Pacinotti e all’Università di Pisa le nostre condoglianze, condoglianze sentite per la perdita di un uomo che tutto il mondo ha tanto onorato. (Approvazioni). 
RIGHI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 
RIGHI. Io non avrei nulla da aggiungere a quanto detto così bene il nostro illustre Presidente, commemorando il senatore Pacinotti, se non avessi però un titolo speciale per unirmi alle parole di compianto che oggi sono state pronunciate. Io perdo nel Pacinotti non solo il collega, non solo l’amico, ma il primo mio maestro. Non avevo che quattordici anni, e lui neppure ventiquattro, quando assistetti come scolaro alla sua prima lezione di fisica nell’Istituto tecnico di Bologna, e appassionato come ero già per quella scienza, che egli cominciava allora a professare, divenni presto assiduo frequentatore del suo laboratorio. [...] 
Il Pacinotti non pensò certamente per prima cosa ai vantaggi che avrebbe potuto per sé ricavare dalla sua invenzione. Egli considerava la scienza da vero scienziato, facendo della scienza scopo a sé stessa. Ciò non di meno io penso, che egli abbia dovuto provare un sentimento di sconforto e di sdegno, allorché vide ad altri attribuita quella gloria a cui aveva egli solo il maggiore diritto. Non si tardò a rendergli giustizia; ma tuttavia quel sentimento fu forse la causa per cui durante lunghi anni abbandonasse le ricerche fisiche, rivolgendo a campi assai diversi la sua attività. Ad ogni modo l’ammirazione e la gratitudine che merita il Pacinotti per la sua invenzione è tale, da farcelo considerare come uno dei nostri grandi, e da far sì che la sua scomparsa costituisca un vero lutto per gli italiani. (Benissimo, congratulazioni).
MORTARA. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 
MORTARA. Non vedendo presente nell’Aula alcuno dei senatori che erano colleghi attuali del compianto Pacinotti, debbo rammentarmi le qualità, di cui altamente mi onoro, di professore onorario dell’Università di Pisa e di essere stato per oltre dodici anni collega, e (mi piace pur ricordare questa nota simpatica) amico e vicino di abitazione dell’illustre scienziato di cui oggi l’Italia piange la perdita. [...] La morte di Antonio Pacinotti fu uno dei maggiori lutti che potesse colpire l'Università di Pisa; ed è in nome di quella università a cui tuttavia sono orgoglioso di appartenere, che esprimo il cordoglio sentito per tanta perdita. Piace rammentare in quest’ora triste che l’Ateneo pisano volle avere il Pacinotti tra i suoi insegnanti, fino da quando egli non poteva occupare la cattedra che, secondo la sua competenza scientifica, gli sarebbe spettata. Lo volle, e creò appositamente una cattedra che occupò fino all’ultimo giorno della sua vita, che era stato pure illustre cultore delle scienze fisiche. Mi associo quindi di gran cuore alla proposta del senatore Blaserna, che certamente sarà accolta ad unanimità dal Senato, perché siano inviate le condoglianze profonde alla famiglia, ed anche all’università pisana di cui egli era uno dei massimi ornamenti. (Approvazioni).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 25 marzo 1912.



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Commemorazione di Antonio Pacinotti (Torino, R. Accademia delle Scienze, 1913)




Commemorazione di Guido Grassi
da: "Il Nuovo Cimento. Organo della Società Italiana di Fisica". Serie VI. Tomo V, 1913, pp. 149-158


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Sulla 'macchinetta' di Pacinotti 



            
La macchinetta di Pacinotti riveste un'enorme importanza perché segna l’inizio dello sfruttamento a livello industriale dell’energia elettrica: funziona sia come motore a corrente continua, sia come dinamoa.
La macchina è costituita da un anello in ferro con sedici denti, sostenuto da quattro raggi; tra ogni coppia di denti sono alloggiate sedici bobine elettromagnetiche, ciascuna costituita da avvolgimenti di filo di rame coperti di seta. I cappi posti al termine di ogni bobina e all’inizio della successiva sono collegati ad un commutatore. L’intero apparato è collocato nel campo magnetico di un elettromagnete. Il movimento rotatorio dell’anello, ottenuto con una manovella, produce corrente continua; collegando l’ingresso a una pila, funziona nel senso contrario trasformando l’energia elettrica in energia meccanica.
Il grande scienziato pisano costruì la sua macchinetta, come amava definirla, tra il 1858 e il 1860; egli iniziò a lavorare con un accanimento inesausto al suo progetto, convinto com’era dell’"importanza grandissima che avrebbe avuto la creazione di una macchina capace di trasformare il lavoro meccanico in elettricità" (da: La prima macchina dinamo-motore di Antonio Pacinotti di Tiziana Paladini.



















Descrizione di una macchinetta elettro-magnetica del dott. Antonio Pacinotti
da: "Il Nuovo Cimento. Giornale di fisica, chimica e storia naturale", tomo XIX, 1863, pp. 378-384






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Due 'strumenti' pacinottiani 
del Museo "Crescenzi-Pacinotti" di Bologna
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Anello di Pacinotti (modello)

Questo apparecchio rappresenta il primo moderno generatore di corrente elettrica continua, basato sull'induzione elettromagnetica. Su una base di legno sono montate, in posizione verticale, due elettrocalamite con polarità opposte (induttori). In mezzo ad esse si trova un anello di ferro dolce, intorno al quale è avvolto nello stesso senso, in più spire e ad intervalli uguali, un filo di rame isolato (indotto). Gli estremi contigui di due spire consecutive sono collegati tra loro e a un manicotto posto sull'albero di rotazione. Il manicotto, che è composto da varie strisce di rame separate tra loro, costituisce il collettore della macchina ed è collegabile, mendiante due spazzole fissate a due sostegni isolati, a un circuito esterno al quale fornirà la corrente. Infine una manovella collegata con l'albero di rotazione serve per far girare l'anello. La rotazione dell'anello tra le due elettrocalamite produce nelle spire delle correnti elettriche indotte che, grazie alla loro disposizione e a quella del collettore, danno come risultato una corrente continua e costante. La disposizione particolare dell'indotto, grazie alla quale si ottiene la trasformazione del lavoro meccanico in energia elettrica continua, fu ideata dal fisico italiano Antonio Pacinotti (1841-1912), che insegnò al Regio Istituto Tecnico di Bologna (oggi Pier Crescenzi) dal 1864 al 1873, negli anni sessanta dell'800. L'anello di Pacinotti, conosciuto anche come macchina o anello di Gramme, dal nome del modellista di apparecchi elettrici Zénobe Théophile Gramme (1826-1901), è sostanzialmente l'antecedente delle moderne dinamo. Questo stesso apparecchio funziona anche da motore elettrico in quanto può trasformare energia elettrica in lavoro meccanico.
http://www.museocrescenzipacinotti.it/dati-scheda.asp?id=13



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Termometro di Pacinotti

Si tratta di un termometro ad aria per rilevare variazioni di temperatura molto piccole. E' una variante del termometro differenziale ad aria ideato da John Leslie (1766-1832) e Benjamin Thompson, conte di Rumford (1753-1814), per esperienze sul calore radiante. L'esemplare qui descritto è costituito da un cannello di vetro ricurvo che porta alle estremità due ampolle di vetro uguali. All'interno del cannello (che purtroppo è rotto) dovrebbe trovarsi il liquido termometrico, mentre sulla tavola di legno sono disegnate due scale graduate identiche (da -15 a +15). Una differenza di temperatura tra le ampolle determina una differenza tra i livelli del liquido contenuto nel cannello, quantificabile sulle due scale graduate. Lo strumento, sebbene sia di fattura molto artigianale, è molto interessante in quanto porta la firma di Antonio Pacinotti (1841-1912), che insegnò in questo istituto (allora Regio Istituto Tecnico) dal 1864 al 1873, e l'indicazione dell'anno presumibile di costruzione, il 1872.

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